UE: stop alle auto termiche dal 2035? un regalo alla Cina da 70mila posti di lavoro

stop-alle-auto-termiche

Stop alla vendita di auto e furgoni con motore a carburanti fossili come benzina, diesel e gpl a partire dal 2035? È ancora tutto da vedere. Crescono, infatti, le perplessità intorno agli otto dossier del pacchetto “Fit for 55”, in votazione mercoledì 8 giugno a Strasburgo, dove il Parlamento europeo è chiamato a prendere una decisione in merito agli standard in materia di emissioni di CO2 per i veicoli nuovi.

Nello specifico, in linea con il testo dell’esecutivo Ue, quello in aula prevede la sospensione alla vendita di auto e furgoni con motore a carburanti fossili a partire dal 2035, ma l’esito positivo della votazione appare oggi tutt’altro che scontato. Troppi, infatti, come già anticipato, i dubbi sulle conseguenze di una tale misura, a partire da quei 70 mila posti di lavoro che rischiano di volatilizzarsi, con un emendamento già pronto per cercare di prorogare la data fatidica, stabilendo invece un taglio delle emissioni dal 100% al 90% proprio dal 2035.

Altri due emendamenti “italiani”, inoltre, potrebbero introdurre un’eccezione per i produttori di auto responsabili di meno di mille immatricolazioni in un anno solare, oltre ad un allungamento dal 2030 al 2036 della deroga sulle emissioni per i produttori di un numero di auto compreso tra 1000 e 10 mila all’anno. Anche attori protagonisti come Pfa, Plateforme Automobile, l’associazione francese che raggruppa colossi come Stellantis, Renault e CCFA, nonché multinazionali della componentistica del calibro di Michelin, Faurecia, Plastic Omnium, Valeo, Fiev e le federazioni Ffc, Fim, Gpa e Sncp, per un totale di circa 4.000 imprese del settore automotive, e come lo stesso ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, hanno espresso molte perplessità: «Scegliere politicamente l’auto a batteria come unica possibilità per la mobilità del futuro, chiudendo la porta alle soluzioni tecnologiche alternative, rischia di essere un clamoroso errore – ha reso noto Pfa – Ci chiediamo se i legislatori abbiano misurato adeguatamente tutte le conseguenze delle loro decisioni. Mettiamo fortemente in discussione il realismo di una tale traiettoria politica».

E ancora: «Non siamo sicuri che le conseguenze di un approccio “all electric” siano state valutate pienamente e che le stesse siano accettabili, specialmente tenendo in considerazioni i problemi che il settore si trova ad affrontare: la carenza di materie prime per la produzione di batterie, la mancanza di un’adeguata infrastruttura di ricarica, la produzione di elettricità non pulita (con emissioni di CO2), l’inflazione e l’elevato prezzo delle auto elettriche».

Intanto in Italia il ministro Giorgetti ha ribadito che «puntando solo sul veicolo elettrico, senza una neutralità tecnologica, rischiamo una dipendenza dalle forniture cinesi. Ripeteremmo l’errore che abbiamo fatto con il gas russo». Insomma, il rischio è quello di un’ecatombe industriale e ambientale, che metterebbe in ginocchio l’industria dell’auto e farebbe aumentare la dipendenza dell’occidente dalla Cina.