L’UE approva: “Stop alle auto diesel e benzina dal 2035”.

Elettrico per forza. Sono rimasti inascoltati gli emendamenti italiani sul pacchetto “Fit For 55” e lo Stop alle auto diesel e benzina dal 2035 si appresta a divenire realtà: così, infatti, ha deciso il Parlamento europeo mercoledì 8 giugno scorso. Una decisione rischiosa, secondo gli osservatori più esperti, sotto molti punti di vista. Due su tutti: un altissimo rischio di disoccupazione in Italia da un lato, mentre dall’altro si potrebbe creare una dipendenza pressoché totale dalla Cina. (Leggi il nostro approfondimento)

Per quanto riguarda il primo punto in questione, i conti sono presto fatti: a rischio ci sarebbero 70 mila posti di lavoro, considerato che – secondo dati Ig Metall – a parità di motori prodotti, il fabbisogno di posti di lavoro per una motorizzazione diesel è di dieci persone, che per la benzina scende a tre, mentre per un motore elettrico si riduce a uno, con un impatto che rischia di ripercuotersi specialmente sui consumatori già nell’immediato, tanto che secondo il managing director di Kia Italia Giuseppe Bitti, intervistato da Adnkronos, «con questa accelerazione sulle emissioni, a breve sarà impossibile trovare un’auto sotto i 20-25 mila euro». Ma per Bitti è tutto il processo di elettrificazione ad apparire «eccessivo», anche per gli altri paesi europei dove, a seconda delle differenze di ognuno, l’impatto sarà diverso: «Si parla di centinaia di migliaia di posti a rischio anche in Europa». Tuttavia le controindicazioni, paradossalmente, potrebbero essere proprio anche ambientali: «Oggi – ha proseguito Bitti ad Adnkronos – un’auto moderna Euro6d è validissima sul fronte dell’efficienza e ha nel suo ciclo di vita un impatto di emissioni equivalente a quello di una vettura elettrica. Inoltre non dobbiamo poi dimenticare che la produzione di energia green non è, comunque, priva di impatti importanti sull’ambiente. Spero che alla fine ci si metta intorno a un tavolo lasciando da parte gli aspetti più demagogici e strumentalizzati, per arrivare a una condivisione delle tempistiche con un minimo di buon senso» (leggi l’intera intervista con approfondimenti). 

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Nonostante sostenga gli obiettivi di “Fit For 55”, anche Federauto ha espresso le proprie perplessità, osservando che «per raggiungere i traguardi climatici sia necessario un approccio più realistico, che tenga conto degli interessi di tutti gli stakeholder e dei consumatori, basato su di un mix tecnologico che abbracci tutte le soluzioni tecnologicamente compatibili. La decarbonizzazione del trasporto su strada non dovrebbe essere socialmente ed economicamente dirompente, soprattutto visto che i recenti sviluppi come la pandemia e la guerra in Ucraina hanno aumentato le incertezze e le insicurezze». Sarebbe, al contrario, essenziale «un periodo di transizione adeguato», in vista della riunione del Consiglio dei ministri europeo del prossimo 28 giugno, dove «tenere conto, in modo più realistico, della delicata posizione della filiera automotive e delle gravi conseguenze che essa arrecherà al mercato interno e a tutta l’economia italiana».

Conclude Paolo Scudieri, presidente dell’Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica): «Con l’elettrificazione forzata rischiamo una tragedia sociale, visto che in Italia si mettono a rischio 70 mila posti di lavoro diretti, a fronte di un beneficio ridotto soltanto a 6 mila, con un forte gap occupazionale. L’elettrico, inoltre, non può essere l’unica tecnologia: servono tempi diversi e un atteggiamento olistico che consideri tecnologie come biocarburanti e idrogeno per equiparare una bilancia che oggi pende solo da una parte».